Da ormai alcuni anni nel nostro ordinamento ha trovato spazio l’affidamento condiviso. Ispirato al cd. principio di bigenitorialità, l’affidamento condiviso è finalizzato a garantire ad entrambi i genitori un uguale rapporto con i figli e la condivisione delle decisioni di maggiore importanza che riguardano questi ultimi.
Naturalmente è tutto semplice (si fa per dire…) quando i genitori vivono nella stessa città.
Ma cosa succede quando uno dei due decide di trasferirsi in un’altra località?
Quali conseguenze ha questa decisione sull’affidamento condiviso?
Il genitore che si trasferisce perde l’affidamento?
La questione è molto delicata, perché molto delicati sono gli interessi in gioco.
Infatti, da un lato, vi è l’interesse dei figli ad avere un rapporto costante con entrambi i genitori e, naturalmente, lo speculare interesse dei genitori a conservare un rapporto costante con i figli; dall’altro lato, vi è l’interesse dei genitori a condurre liberamente la propria vita, senza dover rinunciare a cambiamenti od opportunità, anche lavorative, che potrebbero essere importanti non solo per loro, ma anche per i figli stessi.
Nel tentativo di salvaguardare questi interessi e di trovare un loro equilibrato contemperamento, la giurisprudenza (si veda, ad esempio, la sentenza Cassazione 9633_15) ha sviluppato alcuni principi:
- il Giudice non può negare ad un genitore la possibilità di trasferirsi in un’altra località, perché ciò costituisce un diritto fondamentale costituzionalmente garantito;
- pertanto, “il giudice non può che prendere atto delle determinazioni al riguardo assunte dell’interessato e regolarsi di conseguenza nella decisione, che gli compete, sull’affido e il collocamento dei figli minori”.
In altre parole, il genitore che decide di trasferire altrove la propria residenza non perde né l’affidamento dei figli, né l’idoneità ad essere collocatario degli stessi; tuttavia, il Giudice, esaminate le varie soluzioni a quel punto ipotizzabili ed ispirandosi sempre al “superiore interesse dei figli minori”, deve valutare se sia più opportuno collocare i figli con il genitore che si trasferisce, disponendo quindi anche il trasferimento dei minori, oppure se sia preferibile collocare i figli con il genitore che non muta la sua residenza, lasciando i minori nella località nella quale già vivevano.
Tale valutazione deve essere assunta tenendo conto che, ovviamente, ogni soluzione incide negativamente sulla quotidianità dei rapporti tra i figli ed il genitore non collocatario; il Giudice dovrà dunque tener conto del venir meno di tale quotidianità quando stilerà il programma di frequentazione tra i figli ed il genitore non collocatario.
Questi principi sono ormai abbastanza radicati nella giurisprudenza e, salvo casi particolari, trovano dunque comune applicazione (sono stati ribaditi dalla Corte di Cassazione anche nella più recente sentenza n.18087/16, dove si legge che “Il coniuge separato che intenda trasferire la residenza lontano da quella dell’altro coniuge non perde l’idoneità ad avere in affidamento i figli minori, sicché il giudice deve esclusivamente valutare se sia più funzionale all’interesse della prole il collocamento presso l’uno o l’altro dei genitori, per quanto ciò ineluttabilmente incida in negativo sulla quotidianità dei rapporti con il genitore non affidatario”).
Si tratta però di problemi estremamente delicati ed ogni soluzione presenta inevitabilmente aspetti negativi di non poco conto; in questi casi, dunque, il compito del Giudice di individuare una soluzione, tenendo conto del primario interesse dei figli, è particolarmente complesso.
Avv. Mauro Sbaraglia