Non illudiamoci!
Se dopo anni di udienze, testimonianze, interrogatori e perizie abbiamo finalmente ottenuto una sentenza che ci ha riconosciuto una somma di denaro, non è detto che l’iter giudiziario si sia concluso. Infatti, oltre a proporre un appello e poi magari anche un ricorso per cassazione (che comunque non sospendono automaticamente l’efficacia esecutiva della sentenza), la nostra controparte ci può ancora creare molti problemi in un modo molto semplice: non pagando!
Ecco che allora saremo costretti ad aprire un nuovo fronte giudiziario, quello del pignoramento dei beni del debitore.
La procedura è tutt’altro che breve e, soprattutto se ha ad oggetto beni immobili, comporta delle spese non indifferenti. E’ per questo motivo che di solito si preferisce provare a pignorare il conto corrente.
Ma come facciamo a sapere dove tiene il denaro il nostro debitore?
Un tempo non c’era altra soluzione che quella di fare dei tentativi, nella speranza di individuare la banca giusta; da qualche anno, però, è stato introdotto l’art. 492 bis c.p.c., che consente di acquisire informazioni molto utili sui nostri debitori, anche quelle relative ai rapporti bancari.
Vediamo quali sono i passi da fare (naturalmente con il patrocinio di un avvocato):
- innanzi tutto, bisogna disporre di una sentenza esecutiva (anche di primo grado) e bisogna aver notificato al debitore l’atto di precetto;
- si deve poi presentare un’istanza al Presidente del Tribunale competente in base alla residenza o sede del debitore, con la quale si chiede di essere autorizzati ad accedere alle banche dati delle Pubbliche Amministrazioni (al momento del deposito dell’istanza si deve pagare un contributo unificato pari, ad oggi, ad € 43,00);
- se l’istanza viene accolta, il provvedimento del Tribunale deve essere trasmesso alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate competente in base alla residenza o sede del debitore, la quale svolgerà delle indagini e comunicherà, previo pagamento di una somma (di solito di poche decine di euro) alcuni dati rilevanti, tra i quali le banche con le quali il debitore intrattiene rapporti.
Il tutto avviene in tempi abbastanza brevi, di solito poche settimane, e consente di avere informazioni molto utili ai fini del recupero del credito.
E’ bene precisare che le informazioni rese dall’Agenzia delle Entrate non sono aggiornate in tempo reale; dunque, non è detto che il conto corrente indicatoci sia ancora aperto, né è possibile sapere se sul conto corrente ci siano somme sufficienti a soddisfare il nostro credito. Tuttavia, in mancanza di altre informazioni certe, l’art. 492 bis c.p.c. ci offre uno strumento utile, che personalmente ho sperimentato più volte con successo.
Avv. Mauro Sbaraglia