La decisione di cointestare il proprio conto corrente ad un familiare o ad un amico può essere molto pericolosa. La cointestazione viene di solito effettuata da persone anziane o in precarie condizioni fisiche, che non possono quindi recarsi in banca; le operazioni allo sportello vengono in questo modo “delegate” al cointestatario. Il rischio, però, è che il cointestatario possa poi diventare titolare del 50% delle somme presenti sul conto corrente.
E’ quello che spiega la Corte di Cassazione con un’ordinanza dello scorso mese di febbraio (ordinanza Cassazione 4682_18).
Il caso riguardava un’anziana signora, che aveva cointestato il suo conto corrente ad un amico; dopo qualche tempo, quest’ultimo ha sostenuto che quella cointestazione fosse in realtà una donazione e che pertanto egli avesse diritto al 50% delle somme. La signora sosteneva invece che la cointestazione servisse solo a consentire all’amico di operare al suo posto e che lei non aveva mai avuto alcuna intenzione di compiere una donazione.
Questo il ragionamento della Corte.
Innanzi tutto, la Cassazione ha precisato che le donazioni devono essere eseguite con atto notarile, a meno che non si tratti di donazioni di modico valore o non si tratti di una donazione indiretta. Si ha una donazione indiretta quando l’arricchimento del beneficiario e l’impoverimento del donante avvengono in modo indiretto, cioè per il tramite di atti che non determinano l’immediato trasferimento di un bene (ad esempio, pagando un debito altrui, rinunciando ad un credito ecc.).
Ciò detto, la Cassazione ha poi affermato che la cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma depositata presso una banca è qualificabile come donazione indiretta (e quindi è valida anche in mancanza di un atto notarile) se ricorrono due condizioni:
- le somme presenti sul conto appartenevano ad uno solo dei cointestatari;
- la volontà dell’originario titolare del conto corrente era quella di compiere una donazione.
Se sussistono entrambe, il nuovo cointestatario diventa titolare del 50% delle somme.
Ma come si fa a provare se c’era o meno la volontà di donare?
Secondo la Corte, si deve valutare se c’era un altro motivo che giustificasse la cointestazione; se non c’era altro motivo, allora si deve ritenere che la cointestazione costituisse lo strumento per eseguire una donazione.
Tornando al caso dell’anziana signora, la Cassazione non escluso che quest’ultima avesse davvero voluto donare ed ha quindi ritrasmesso gli atti alla Corte d’Appello, affinché verifichi se la signora volesse donare o se la cointestazione avesse invece altre finalità.
In conclusione, dunque, la cointestazione può essere molta rischiosa e dovrebbe quindi essere usata con molta attenzione, tanto più che il più delle volte una semplice delega ad operare è più che sufficiente.
Avv. Mauro Sbaraglia