A torto o a ragione, la categoria degli amministratori di condominio è una delle più criticate; sono infatti pochi i condomini pienamente soddisfatti del loro amministratore. Tuttavia, sono ancora meno i condomini che, anche a fronte di errori od irregolarità, decidono di revocare l’amministratore.
Vediamo brevemente cosa dice la legge al riguardo.
Innanzi tutto, è bene sapere che l’amministratore può essere revocato dall’assemblea anche prima della scadenza del suo mandato, senza nemmeno dover indicare le motivazioni della revoca; naturalmente, in questo caso il compenso dovrà comunque essere corrisposto sino alla scadenza del mandato.
Inoltre, l’amministratore può essere revocato dal Tribunale, su ricorso di ciascun condomino, qualora:
- riceva un atto giudiziario che superi le sue attribuzioni ed ometta di segnalarlo all’assemblea;
- non renda il conto della gestione;
- in caso di gravi irregolarità.
A tal proposito, la legge individua alcune specifiche ipotesi di gravi irregolarità:
- omessa convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale, ripetuto rifiuto di convocare l’assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla legge;
- mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi o di delibere dell’assemblea;
- mancata apertura ed utilizzazione del conto corrente condominiale;
- gestione con modalità che possono creare confusione tra il patrimonio del condominio e quello personale dell’amministratore;
- aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio;
- non aver curato con diligenza l’azione promossa per la riscossione delle somme dovute al condominio;
- non aver curato la tenuta dei registri e della documentazione condominiale;
- omessa comunicazione dei propri dati anagrafici e del luogo dove sono tenuti i registri condominiali.
Si tratta di un elenco non tassativo; pertanto, anche altre condotte, non indicate dalla legge, possono giustificare la revoca.
Peraltro, è interessante notare che, in caso di revoca operata dal Tribunale, l’assemblea subisce una comprensibile limitazione dei suoi poteri; infatti, l’amministratore revocato dal Tribunale non può essere rinominato dall’assemblea.
Da ultimo, è bene richiamare il comma 8, dell’art. 1129 c.c., che prevede: “Alla cessazione dell’incarico l’amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi”.
Quindi, l’amministratore uscente deve curare il passaggio di consegne a quello entrante e deve altresì restare in carica sino alla nomina del nuovo amministratore per garantire la normale operatività del condominio (cd. prorogatio).
Tuttavia, di recente, con una decisione del maggio scorso (ordinanza Cassazione 12120_18), la Corte di Cassazione ha precisato che questa regola può essere derogata; infatti, “la perpetuatio di poteri in capo all’amministratore uscente, dopo la cessazione della carica per scadenza del termine di cui all’art. 1129 c.c. o per dimissioni, fondandosi su una presunzione di conformità di una siffatta perpetuatio all’interesse ed alla volontà dei condomini, non trova applicazione quando risulti, viceversa, (come nel caso in esame) una volontà di questi ultimi, espressa con delibera dell’assemblea condominiale, contraria alla conservazione dei poteri di gestione da parte dell’amministratore, cessato dall’incarico”. In altre parole, il “vecchio” amministratore resta in carica fino alla nomina del nuovo, a meno che l’assemblea non decida espressamente di escludere la prorogatio.
Avv. Mauro Sbaraglia