In caso di matrimonio, il regime patrimoniale legale, quello cioè applicabile in mancanza di specifiche convenzioni stipulate dai coniugi, è quello della comunione dei beni.
Ciò naturalmente non significa che tutti i beni che appartengono ad un coniuge diventano automaticamente anche dell’altro.
In linea generale, si può dire che fanno parte della comunione i beni acquistati, insieme o separatamente, durante il matrimonio.
Non fanno invece parte della comunione i beni personali, vale a dire i beni di cui il coniuge era titolare prima del matrimonio, i beni acquistati durante il matrimonio a seguito di una donazione o di una successione, i beni di uso strettamente personale, i beni che servono all’esercizio della professione ecc.
Quindi se i genitori donano del denaro al figlio e questi lo utilizza per acquistare un appartamento, questo appartamento non rientra nella comunione.
Giusto? No, sbagliato!
Almeno così dice la Cassazione. A luglio, infatti, la Corte ha emesso un’ordinanza (ordinanza Cassazione 19537_18), con la quale ha fatto una precisazione.
Il caso era il seguente: una madre aveva donato al figlio del denaro, che poi era stato da questi utilizzato per l’acquisto di una casa per la sua famiglia.
La casa rientra nella comunione o no?
Secondo la Cassazione sì, perché “la donazione tra madre e figlio aveva riguardato solo una somma di danaro da utilizzare per l’acquisto della casa familiare e […] il figlio, impiegando tale somma nell’acquisto da condividere con la futura moglie, ha in tal modo donato a questa il 50% della proprietà consentendone l’intestazione alla medesima”.
La motivazione lascia un po’ perplessi, perché sembra contraddire alcuni principi generali; forse sarebbe stato meglio dare una motivazione più esauriente. Ad ogni modo, chi si trova in una situazione analoga è bene che tenga conto di questa pronuncia, per evitare spiacevoli sorprese.
Avv. Mauro Sbaraglia