Sembra ovvio che, prima di un intervento, un paziente debba essere dettagliatamente informato dal medico sui possibili effetti, conseguenze e rischi dell’operazione; eppure, la mole di sentenze che ogni anno vengono emesse in materia dimostrano che si tratta di una problematica che genera ancora oggi molti dubbi, anche tra gli addetti ai lavori.
Il 15 aprile la Corte di Cassazione è intervenuta ancora una volta, con la sentenza n.10423/19, con la quale ha affermato alcuni principi fondamentali, che provo a sintetizzare:
- il consenso informato è un vero e proprio diritto del paziente e la sua lesione impone dunque un risarcimento;
- si tratta di un diritto talmente importante, che il risarcimento è dovuto anche se l’intervento era necessario e sia poi riuscito perfettamente (“è risarcibile il danno cagionato dalla mancata acquisizione del consenso informato del paziente in ordine all’esecuzione di un intervento chirurgico, ancorché esso apparisse, «ex ante», necessitato sul piano terapeutico e sia pure risultato, «ex post», integralmente risolutivo della patologia lamentata”);
- questo perché la violazione del consenso informato determina “una privazione della libertà di autodeterminazione del paziente circa la sua persona, in quanto preclusiva della possibilità di esercitare tutte le opzioni relative all’espletamento dell’atto medico e di beneficiare della conseguente diminuzione della sofferenza psichica, senza che detti pregiudizi vengano in alcun modo compensati dall’esito favorevole dell’intervento”;
- il medico, dunque, è sempre tenuto ad informare preventivamente ed esaustivamente il paziente; fanno eccezione i soli casi di urgenza o di trattamenti sanitari obbligatori (“il diritto al consenso informato del paziente, in quanto diritto irretrattabile della persona, va comunque e sempre rispettato dal sanitario, a meno che non ricorrano casi di urgenza” […] ovvero che non “si tratti di trattamento sanitario obbligatorio“).
Il senso di questi principi è chiaro: il ruolo del medico è fondamentale, perché egli, grazie alle sue competenze, è in grado di individuare le terapie più opportune per il suo paziente; tuttavia, il medico deve anche spiegare chiaramente le conseguenze ed i rischi di una terapia, di modo che il paziente sia consapevole di ciò a cui va incontro.
In altre parole, il medico non può e non deve mai sostituirsi al malato, la cui libertà di scegliere ed autodeterminarsi non può essere mai annullata.
Avv. Mauro Sbaraglia