L’art. 315 bis c.c. prevede che “il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori…”; il genitore che si sottrae a questi obblighi può essere condannato a risarcire il figlio.
Il 27 maggio scorso la Corte di Cassazione ha emesso l’ordinanza n.14382/19, con la quale si è occupata proprio di questo problema.
La causa era stata avviata da una ragazza, che aveva chiesto un risarcimento del danno, lamentando la violazione da parte del padre “dei suoi obblighi di genitore (in particolare, di quello di mantenere, istruire ed educare la figlia)”.
Il Tribunale di Messina ha accolto la domanda, riconoscendo un risarcimento di € 66.000 circa, e la Corte d’Appello ha confermato la sentenza.
Il fascicolo è da ultimo arrivato davanti alla Cassazione, che ha respinto il ricorso del padre e confermato dunque il risarcimento.
La Corte ha affermato due principi molto importanti:
- in primo luogo, “la responsabilità e gli obblighi derivanti dal rapporto di filiazione (tra cui quello di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli) gravano su entrambi i genitori, non certo solo su quello convivente e, tanto meno, addirittura, solo su quello più attivamente presente”; dunque, non ci si può sottrarre all’obbligo di assistenza, sostenendo che i figli vivono con l’altro genitore o che quest’ultimo di fatto è più “presente”;
- la circostanza che anche l’altro genitore sia stato inadempiente è irrilevante, perché qualunque sia il comportamento dell’altro genitore, l’obbligo di assistenza del figlio non viene meno.
La Corte ha poi proseguito, rilevando che il padre si è reso colpevole nei confronti della figlia per “non avere correttamente adempiuto ai propri obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione della stessa, il che ha determinato difficoltà di vario genere nella serenità personale della ragazza e, complessivamente, nello sviluppo della sua personalità, tra le cui ulteriori conseguenze vi è stato anche quello della sua scelta di una anticipata interruzione degli studi”.
In altre parole, il disinteresse mostrato dal padre ha, com’è ovvio, minato la serenità della figlia negli anni della sua crescita e, peraltro, non le ha consentito di proseguire gli studi, che ha dovuto quindi abbandonare molto presto.
Alla luce di tutte queste considerazioni, la Corte, come detto, ha confermato la sentenza di secondo grado, confermando altresì il risarcimento in favore della figlia.
Avv. Mauro Sbaraglia