Il codice del consumo prevede che il venditore risponde nei confronti del consumatore “per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene” (art. 130).
Secondo la legge, quando c’è un difetto, “il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, […] ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto…”.
Dal momento che la norma non parla espressamente del risarcimento del danno, ci si è chiesti: il consumatore può chiedere anche il risarcimento?
La risposta è sì.
Con la recentissima sentenza n.1082 del 20.01.2020, la Corte di Cassazione ha infatti precisato che la mancata indicazione del risarcimento nell’art. 130 “non significa peraltro che il consumatore che abbia ricevuto un bene non conforme al contratto non possa esercitare, nei confronti del professionista, delle pretese risarcitorie”.
Il consumatore, infatti, ha diritto di trovarsi nella situazione in cui si sarebbe trovato se il bene acquistato non fosse stato viziato ed il risarcimento serve proprio a questo: “il risarcimento del danno ha lo scopo di porre il compratore in una posizione economicamente equivalente non a quella in cui si sarebbe trovato se non avesse concluso il contratto o se l’avesse concluso a un prezzo inferiore, ma a quella in cui si sarebbe trovato se la cosa fosse stata immune da vizi”.
Dunque, quando compriamo un oggetto che poi si rivela essere difettoso, oltre alle misure espressamente previste dall’art. 130 (riparazione, sostituzione, riduzione del prezzo o risoluzione del contratto), possiamo valutare di chiedere anche un risarcimento, se abbiamo subito un danno e siamo in grado di provarlo.
Avv. Mauro Sbaraglia