Una donna viene investita mentre attraversa la strada e muore: quali sono i familiari che possono chiedere un risarcimento?
Per rispondere a questa domanda, occorre considerare che, da un lato, il nostro ordinamento vuole “evitare il pericolo di una dilatazione ingiustificata dei soggetti danneggiati secondari” (vuole cioè evitare che tutti i familiari possano rivendicare un risarcimento), ma, dall’altro lato, vuole anche evitare che il risarcimento sia riconosciuto solo ai componenti della cd. famiglia nucleare (coniuge, genitori e figli del defunto).
Per risolvere il problema, la giurisprudenza ha spesso utilizzato il criterio della convivenza.
Secondo questo orientamento, possono chiedere il risarcimento anche i familiari diversi dal coniuge, dai genitori o dai figli, purché si tratti di familiari conviventi con la persona deceduta.
Di recente, però, il criterio della convivenza è stato messo in discussione, in quanto, da un lato, “ben possono ipotizzarsi convivenze non fondate su vincoli affettivi ma determinate da necessità economiche, egoismi o altro” e, dall’altro lato, possono esserci “non convivenze” dovute a motivi di studio, lavoro, ecc.
Il 24 marzo scorso la Corte di Cassazione ha emesso l’ordinanza n.8218/21, con la quale si è occupata del ricorso di due nipoti, che avevano chiesto un risarcimento per la morte della zia.
La donna era deceduta dopo essere stata investita da un’automobile; i nipoti avevano quindi chiesto un risarcimento al conducente dell’auto ed alla sua assicurazione. La richiesta era stata però respinta, sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello; quest’ultima, in particolare, aveva negato il risarcimento, rilevando che i nipoti non convivevano con la zia e dunque non avevano alcun diritto di chiedere un risarcimento.
Ebbene, la Cassazione, modificando l’orientamento sopra accennato, ha precisato che “la convivenza, […] escluso che possa assurgere a connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l’intimità dei rapporti parentali ovvero a presupposto dell’esistenza del diritto in parola, costituisce elemento probatorio utile, unitamente ad altri elementi, a dimostrare l’ampiezza e la profondità del vincolo affettivo che lega tra loro i parenti e a determinare anche il quantum debeatur”.
Che vuol dire?
Vuol dire che la convivenza è un elemento certamente utile per valutare se un soggetto abbia o meno diritto a richiedere un risarcimento per la perdita di un familiare; tuttavia, non può essere l’unico elemento che il Giudice deve valutare.
Il risarcimento può quindi essere riconosciuto anche ad un familiare non convivente, purché “sia fornita la prova rigorosa degli elementi idonei a provare la lamentata lesione e l’entità dei danni” ossia purché sia provata, in modo puntuale, l’esistenza di un forte legame con la persona deceduta e quindi l’effettiva esistenza di un danno.
Avv. Mauro Sbaraglia
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