Assegno divorzile e nuova convivenza: novità dalla Cassazione (parte 2)

Nell’ultimo articolo ho parlato della sentenza n.32198/21 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che ha sensibilmente modificato l’orientamento giurisprudenziale in materia di assegno divorzile e nuova convivenza di fatto del soggetto che lo percepisce.

Oltre a quelli indicati nel precedente articolo, la sentenza offre altri spunti, che vale la pena considerare, perché possono essere molto importanti per chi è coinvolto in una vicenda di questo tipo.

Cerchiamo di sintetizzarli:

  1. secondo la Cassazione, è il soggetto che chiede l’assegno che deve provare di non avere mezzi adeguati e che ciò “dipenda dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio; in alcuni casi non sarà certamente facile dimostrare di aver rinunciato a possibilità di carriera e di guadagno, ma sta di fatto che l’onere di offrire una prova sul punto grava sul soggetto che richiede il mantenimento;
  2. nel quantificare l’assegno “il Giudice dovrà poi tener conto della durata del rapporto matrimoniale”, durata che costituirà un fattore importante, al fine di valutare il contributo dato da ciascun coniuge alla formazione del patrimonio familiare e/o dell’altro coniuge; in linea di massima, più lungo è stato il matrimonio, maggiore dovrebbe essere il mantenimento;
  3. il Giudice dovrà inoltre considerare il regime patrimoniale scelto dai coniugi, perché in alcuni casi il regime della comunione legale “potrebbe aver determinato un incremento del patrimonio del coniuge richiedente tale da escludere o ridurre la necessità compensativa”;
  4. visto che l’assegno serve a compensare il contributo dato durante il matrimonio dal coniuge economicamente più debole e dato che questo contributo non potrà più modificarsi, sarebbe più giusto quantificare l’assegno divorzile con il versamento di una somma prestabilita, senza prevedere invece la corresponsione mensile a tempo indeterminato; tuttavia, la legge non consente al Giudice di imporre alle parti questa soluzione, ma lascia ai coniugi la decisione sul punto (art. 5, comma 8, legge n.898/70: “Su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal tribunale”).

Avv. Mauro Sbaraglia