Ho già scritto in passato delle cadute dei pedoni provocate dalle sconnessioni del marciapiede; ne scrivo ancora, alla luce di un’ordinanza della Corte di Cassazione (ordinanza n.33390/22), che questa volta si è occupata di un bambino caduto mentre era insieme al nonno.
In estrema sintesi, due genitori fecero causa ad un Comune, chiedendo il risarcimento dei danni subiti dal loro figlio minore “a seguito di una caduta avvenuta a causa delle cattive condizioni di manutenzione del marciapiede di una via cittadina”.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello rigettarono però la richiesta; la Corte di Cassazione, con l’ordinanza sopra citata, ha confermato il rigetto della domanda.
Vediamo perché.
La Cassazione ha ribadito nuovamente un concetto ormai noto: non ha diritto al risarcimento il soggetto danneggiato che ha tenuto una condotta imprudente.
Più in particolare, nell’ordinanza si legge che “quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso”.
Tradotto, più il soggetto danneggiato ha tenuto una condotta imprudente, più il risarcimento del danno dovrà subire una decurtazione; nei casi più gravi, cioè di fronte a condotte molto imprudenti, il diritto al risarcimento viene meno completamente.
Nel caso di specie, la Cassazione ha confermato la sentenza di secondo grado, secondo la quale si doveva “attribuire l’intera responsabilità dell’accaduto al minore ed al nonno che in quel momento era tenuto alla sua sorveglianza”.
Infatti, nel giudizio era stato dimostrato che:
- “la caduta era avvenuta in un luogo ben noto al bambino” (nei pressi della casa del nonno);
- la sconnessione del marciapiede era nota sia ai genitori che al minore;
- “il bambino stesse correndo, il che avrebbe obbligato il nonno ad un’adeguata sorveglianza”;
- “il comportamento colposo di chi era tenuto alla sorveglianza era tale da interrompere il nesso di causalità tra la cosa e il danno, escludendo in questo modo la responsabilità del Comune”.
In sostanza, ad avviso della Cassazione, se il nonno avesse impedito al bambino di correre in un tratto di strada che sapeva essere sconnesso, la caduta non ci sarebbe stata; la colpa, sempre ad avviso della Cassazione, è quindi del nonno e non del Comune.
Avv. Mauro Sbaraglia
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