Interessante, ma, a mio avviso, discutibile pronuncia della Corte di Cassazione in materia di assemblee condominiali e convocazione dei condomini.
Il caso era grosso modo il seguente: un condomino impugna una delibera, sostenendo di non essere stato convocato dall’amministratore; quest’ultimo si difende, sostenendo che il condomino aveva acquistato l’immobile, ma né lui, né il precedente proprietario gli avevano mai comunicato il cambio di proprietà.
Chi ha ragione?
Innanzi tutto, occorre tener conto di un paio di norme:
- l’art. 1130, n.6, c.c., che prevede che l’amministratore deve “curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari […]. Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni. L’amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l’amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili”;
- l’art. 63, comma 5, disp. att. c.c., che prevede che “chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto”.
Queste norme prevedono, dunque, il dovere dell’amministratore di tenere un registro di anagrafe condominiale, nel quale egli deve annotare e tenere aggiornati i dati dei condomini, ma anche un dovere di questi ultimi di segnalare tempestivamente all’amministratore le eventuali compravendite e quindi le variazioni dei proprietari.
Ebbene, con l’ordinanza 10824/23, la Corte di Cassazione ha affermato che, in un certo qual modo, l’obbligo dell’amministratore è prevalente e che pertanto, qualora i condomini non comunichino le variazioni dei dati, sia l’amministratore a doversi attivare.
Dice infatti la Cassazione che “l’amministratore di condominio, al fine di assicurare una regolare convocazione dell’assemblea, è tenuto a svolgere le indagini suggerite dalla diligenza dovuta per la natura dell’attività esercitata, onde poter comunicare a tutti l’avviso della riunione” ed inoltre che “all’assemblea condominiale deve essere convocato l’effettivo titolare del diritto di proprietà dell’unità immobiliare, indipendentemente dalla avvenuta comunicazione all’amministratore della eventuale vicenda traslativa ad essa relativa”.
Questa pronuncia mi lascia perplesso.
Infatti, non c’è dubbio che all’assemblea debbano partecipare gli effettivi condomini e che, pertanto, l’amministratore debba attivarsi per reperire i dati; tuttavia, se un condomino vende il suo immobile e né lui né il nuovo proprietario ne danno comunicazione all’amministratore, come farà quest’ultimo a venirne a conoscenza?
L’amministratore deve effettuare periodicamente delle visure, per verificare che i dati in suo possesso siano ancora corretti?
Francamente, mi sembra irragionevole.
Ad ogni modo, ad oggi questo è l’orientamento della Cassazione e gli amministratori di condominio devono tenerne conto.
Avv. Mauro Sbaraglia
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