Ho già scritto in passato della pensione di reversibilità e dei suoi rapporti con il divorzio.
In estrema sintesi, ricordo che l’art. 9, comma 2, della legge n.898/70 dispone che il coniuge divorziato “ha diritto, se non passato a nuove nozze e sempre che sia titolare di assegno ai sensi dell’articolo 5, alla pensione di reversibilità, sempre che il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza”.
Quindi, il coniuge divorziato ha diritto alla pensione di reversibilità se ricorrono tre condizioni:
- non si è risposato;
- era titolare di un assegno di mantenimento;
- il rapporto di lavoro dell’ex coniuge era precedente alla sentenza di divorzio.
Torno a parlare di reversibilità e divorzio, perché qualche giorno fa la Corte di Cassazione ha affrontato una questione molto interessante, che attiene anche alla libertà degli ex coniugi di regolare i loro rapporti.
La domanda rivolta alla Cassazione era sostanzialmente questa: ha diritto alla pensione di reversibilità il coniuge che ha rinunciato con una scrittura privata all’assegno divorzile che gli era stato attribuito dal tribunale?
Con l’ordinanza n.10291/23, la Cassazione ha risposto positivamente.
Secondo la Corte, infatti, ai fini del percepimento della pensione di reversibilità, quello che conta è l’attribuzione di un assegno di mantenimento da parte del giudice; gli eventuali accordi intercorsi successivamente tra i coniugi sono irrilevanti.
Nel caso del quale si è occupata la Cassazione, dopo la sentenza di divorzio gli ex coniugi si erano scambiati delle lettere, con le quali avevano concordato dapprima la riduzione e poi la soppressione del mantenimento.
Ebbene, la Corte di Cassazione ritiene che “il diritto alla quota della pensione di reversibilità previsto dall’art. 9 l. n.898 del 1970 spetta all’ex coniuge titolare dell’assegno divorzile e non può essere escluso per il solo fatto che tale assegno non sia stato corrisposto per un periodo più o meno lungo senza alcuna reazione, giudiziale o stragiudiziale, dell’avente diritto. […] non è certo lo scambio di missive […] ad essere condizione sufficiente per ritenere che l’odierna ricorrente non sia più titolare dell’assegno di divorzio […] essendo necessaria […] una verifica giudiziale”.
Questo non vuol dire che tutti gli accordi tra i coniugi sono irrilevanti, ma significa che essi “sono validi ed efficaci nei limiti in cui non interferiscano con quello già omologato o con quanto disposto in sede di divorzio”. Un accordo che annulli l’assegno divorzile non è ammissibile.
Pertanto, gli ex coniugi che vogliano modificare quanto stabilito dal Tribunale non possono procedere con un semplice accordo stragiudiziale, ma devono tornare davanti al giudice, per ottenere un nuovo provvedimento.
Avv. Mauro Sbaraglia
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