Un amministratore fa causa ad un suo ex condominio, per chiedere il pagamento del suo compenso.
Il condominio gli nega però il pagamento, sostenendo che la somma avrebbe dovuto essere inserita nel bilancio ed approvata dall’assemblea, cosa che invece non è avvenuta.
Sulla questione si è pronunciata la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n.17713/23.
La Corte ha accolto la tesi del condominio, riferendo che “il compenso dell’amministratore del condominio, costituendo una spesa a carico del condominio, era una voce del relativo bilancio che necessitava di approvazione in sede di deliberazione concernente il consuntivo spese”.
Pertanto, per ricevere il compenso l’amministratore non deve semplicemente svolgere correttamente la sua attività, ma deve attendere che la somma sia approvata con il bilancio.
Nel caso di specie, invece, “è incontestato tra le parti […] che i rendiconti annuali di gestione a cui l’amministratore era tenuto ex comma II dell’art. 1130 cod. civ. vigente all’epoca, per entrambi gli anni di incarico, non sono stati approvati perché sono state riscontrate irregolarità di registrazione di alcune voci”.
L’amministratore non ha quindi diritto al compenso perché “le specifiche norme dettate in materia di condominio […] prevedono che l’assemblea sia esclusivamente competente alla previsione e ratifica delle spese condominiali, sicché in mancanza di un rendiconto approvato il credito dell’amministratore non può ritenersi né liquido né esigibile”.
Avv. Mauro Sbaraglia
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