Con l’ordinanza n.34220/23, la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi della possibilità che un condomino in regola con i pagamenti sia chiamato a pagare i debiti dei condomini morosi.
La norma di riferimento è l’art. 63 disp. att. c.c., che prevede: “Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi.
I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini…”.
Dunque, qualora il debito del condominio sia stato ripartito tra i condomini, il creditore può chiedere all’amministratore di comunicargli i dati di coloro che non hanno pagato la quota, in modo da poter agire contro di loro.
Qualora l’esecuzione contro i condomini morosi non sia fruttuosa, il creditore potrà agire nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti, per ottenere da loro il pagamento delle somme non corrisposte dai morosi.
A questi concetti, che sono noti, la Cassazione ha aggiunto un paio di interessanti precisazioni.
In primo luogo, la Corte ha precisato che i condomini possono versare le loro quote direttamente al creditore; infatti, ogni condomino, “così come è soggetto all’azione di cognizione del creditore, nonché all’azione esecutiva dello stesso, anche sulla base di un titolo esecutivo formatosi nei confronti del solo ente di gestione, per il recupero della quota dell’obbligazione condominiale che grava su di lui, è del pari legittimato ad estinguere tale sua obbligazione (parziaria) direttamente nei confronti del creditore, anche al fine di evitare di essere assoggettato a tali azioni”.
In secondo luogo, la Cassazione ha precisato che la circostanza che il debito del condominio non sia stato (ancora) ripartito tra i condomini non può impedire al creditore di agire, per recuperare quanto gli è dovuto; infatti, “non può ammettersi che la soddisfazione delle ragioni di un creditore munito di titolo esecutivo nei confronti del condominio (e, quindi, nei confronti di tutti i condòmini) sia impedita o ritardata fino alla definitiva risoluzione delle questioni interne al condominio in ordine ai criteri di ripartizione della relativa obbligazione”.
Ma in conclusione, come si quantifica la somma dovuta dal singolo condomino?
Secondo la Cassazione, “la quota del debito condominiale gravante sul singolo condomino contro il quale il creditore abbia agito in via esecutiva in base all’art. 63 disp. att. c.p.c., in caso di contestazioni espresse in sede di opposizione all’esecuzione – e fermo restando che spetta al condòmino intimato l’onere di allegare e provare che detta quota sia diversa da quella indicata dal creditore – va determinata: a) in base alla delibera condominiale di riparto della spesa; b) se una delibera manchi o sia venuta meno, all’esito di una valutazione sommaria del giudice dell’opposizione all’esecuzione, ai soli fini dell’azione esecutiva in corso, tenendo conto delle indicazioni dell’amministratore, degli elementi certi disponibili ed eventualmente, in mancanza, facendo ricorso alla tabella millesimale generale; in tali casi restano tuttavia salve le eventuali successive appropriate azioni di rivalsa interna tra condòmini”.
Avv. Mauro Sbaraglia
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