Risarcimento al nonno per la morte del nipote

A volte, una questione che agli occhi dei non addetti ai lavori può sembrare assolutamente ovvia, può invece dar luogo ad un lungo contenzioso, nel quale si confrontano punti di vista diametralmente opposti.

È quanto successo di recente, con una controversia definita dall’ordinanza n.25200/24 della Corte di Cassazione.

Questi i fatti.

Un gruppo di ragazzi gioca a pallone; uno di loro scavalca una recinzione per recuperare il pallone finito lontano; nel tornare indietro, il ragazzo si appoggia ad un lampione e, purtroppo, muore folgorato.

Alcuni familiari del ragazzo, tra i quali i nonni, fanno causa al Comune, per chiedere un risarcimento del danno.

A molti di noi sembra ovvio che anche i nonni, che hanno subito una perdita così grave, abbiano diritto ad un risarcimento.

Il Comune, però, contesta la loro richiesta, sostenendo che avrebbero diritto al risarcimento solamente i familiari che convivevano con il ragazzo.

La questione arriva dinanzi alla Corte di Cassazione, che pochi giorni fa, con la predetta ordinanza n.25200/24, ha riconosciuto la legittimazione dei nonni ad agire per ottenere un risarcimento.

In effetti, la Cassazione ha affermato che “in caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale da uccisione, proposta iure proprio dai congiunti dell’ucciso, questi ultimi devono provare la effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrare l’ampiezza e la profondità”.

In altri termini, la convivenza, pur rappresentando certamente un parametro utile per ricostruire i reali rapporti con la persona deceduta, non costituisce però una condizione indispensabile per poter richiedere un risarcimento.

Secondo la Corte, deve quindi affermarsi che “anche il legame parentale fra nonno e nipote consenta di presumere che il secondo subisca un pregiudizio non patrimoniale in conseguenza della morte del primo e ciò anche in difetto di un rapporto di convivenza, fatta salva, ovviamente, la necessità di considerare l’effettività e la consistenza della relazione parentale ai fini della liquidazione del danno”.

In conclusione, quindi, in caso di morte di un familiare, non è la convivenza, ma l’esistenza di una profonda relazione parentale che legittima una richiesta di risarcimento.

Avv. Mauro Sbaraglia

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