Quando, grazie all’intervento di un mediatore, due parti concludono un affare, il mediatore ha diritto alla provvigione.
L’art. 1755 c.c. prevede infatti che “il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento”.
Ma quand’è che un affare può dirsi concluso?
Secondo la Corte di Cassazione, ciò si verifica quando le parti abbiano sottoscritto un accordo che le vincola, imponendo la stipula del contratto definitivo o prevedendo un risarcimento del danno qualora non venga conseguito il risultato previsto.
Con l’ordinanza n.7781/20, la Cassazione ha infatti precisato che “al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all’art.2932 c. c., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato”.
Pertanto, se ciò non sia avvenuto e le parti si siano semplicemente accordate circa il procedimento da seguire per la conclusione dell’affare, “come nel caso in cui sia stato stipulato un patto di opzione, idoneo a vincolare una parte soltanto, ovvero un cd. preliminare di preliminare”, il mediatore non ha diritto ad alcuna provvigione.
Avv. Mauro Sbaraglia