Nelle separazioni e nei divorzi, oltre ai due coniugi, sono spesso coinvolti anche i figli, i quali, pur non essendo parti vere e proprie del giudizio, hanno comunque un ruolo assai importante.
Tuttavia, proprio perché non sono parti del giudizio, i figli non possono “difendersi”, non hanno un avvocato e non possono manifestare il loro punto di vista (salvo quando viene disposta la loro audizione).
Ma allora chi tutela le loro ragioni?
Innanzi tutto, dovrebbero farlo, com’è ovvio, i genitori.
Ma un ruolo importante lo ha anche il Giudice.
Infatti, sia per espressa previsione di legge, sia per interpretazione consolidata della giurisprudenza, il Giudice è chiamato a decidere tenendo conto, prima di ogni altra cosa, dell’interesse dei figli.
Questo significa, ad esempio, che il Giudice non è vincolato dalle richieste e nemmeno dagli accordi raggiunti dai genitori; infatti, se ritiene che quegli accordi non soddisfino adeguatamente l’interesse dei figli, egli può discostarsene e decidere altrimenti.
Il 14 settembre scorso la Corte di Cassazione ha emesso l’ordinanza n.19077/20, nella quale, per l’appunto, si legge che “in tema di separazione personale tra coniugi e di divorzio il criterio fondamentale cui devono ispirarsi i provvedimenti relativi ai figli è rappresentato dall’esclusivo interesse morale e materiale dei figli stessi”.
Pertanto, aggiunge poi la Cassazione, “il giudice non è vincolato alle richieste avanzate ed agli accordi intercorsi tra le parti e può quindi pronunciarsi anche ultra petitum”.
Come detto, dunque, il Giudice è libero di assumere decisioni anche in contrasto con gli accordi raggiunti dai genitori, se ritiene che quegli accordi non tutelino sufficientemente i figli.
Ma questo principio vale solo per i figli minorenni o anche per quelli maggiorenni?
Vale per entrambi.
Nelle medesima ordinanza, la Cassazione conclude, infatti, precisando che “il suddetto fondamentale criterio ispiratore trova applicazione anche nell’ipotesi in cui i figli siano maggiorenni, non essendovi ragione per differenziare la posizione di questi ultimi da quella dei figli minori, ricorrendo in entrambe le ipotesi la stessa esigenza di tutela, connotata, per i figli maggiorenni, dal concorrente ed accertando requisito della mancanza di autosufficienza economica, che è, invece, in re ipsa se il figlio è minore di età”.
Avv. Mauro Sbaraglia
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