Nel momento in cui in Italia si sta cercando di disincentivare l’uso del contante a vantaggio di carte di credito, bancomat, applicazioni sul telefono, ecc., ci sono ancora molti italiani che sono titubanti, perché temono che questi “nuovi” mezzi di pagamento cashless siano vulnerabili e soggetti a clonazioni o prelievi di terzi.
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n.26916/20, dovrebbe mitigare questi timori.
Tempo fa un signore di Roma aveva notato un “utilizzo indebito, da parte di terzi ignoti, della carta c.d. prepagata postepay” ed aveva quindi fatto causa a Poste Italiane S.p.A.
La domanda era stata accolta dal Giudice di Pace, ma poi invece respinta dal Tribunale, in sede di appello; in particolare, il Tribunale aveva sostenuto che la domanda non poteva essere accolta, perché l’uomo “avrebbe dovuto dimostrare positivamente la propria diligente condotta di custodia dei codici per l’utilizzo della carta nonché di quest’ultima”.
Il fascicolo alla fine è arrivato davanti alla Corte di Cassazione, che ha nuovamente ribaltato la precedente decisione, dando ragione, una volta per tutte, al signore.
Secondo la Corte, infatti, in questi casi l’onere della prova deve essere invertito: “in caso di operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, anche al fine di garantire la fiducia degli utenti nella sicurezza del sistema (il che rappresenta interesse degli stessi operatori), è del tutto ragionevole ricondurre nell’area del rischio professionale del prestatore dei servizi di pagamento – prevedibile ed evitabile con appropriate misure destinate a verificare la riconducibilità delle operazioni alla volontà del cliente – la possibilità di un’utilizzazione dei codici di accesso al sistema da parte dei terzi, non attribuibile al dolo del titolare o a comportamenti talmente incauti da non poter essere fronteggiati in anticipo: ne consegue che […] l’erogatore di servizi, cui è richiesta una diligenza di natura tecnica, da valutarsi con il parametro dell’accorto banchiere, è tenuto a fornire la prova della riconducibilità dell’operazione al cliente”.
Tradotto: in caso di contestazione di operazioni eseguite con carte di credito, bancomat, ecc., il titolare della carta non deve dimostrare di aver conservato con cura carta e codici di accesso, né deve indicare in quali circostanze essi siano stati rubati o smarriti; è invece la banca o comunque l’erogatore del servizio a dover dimostrare che le operazioni contestate siano state effettuate dal titolare della carta.
Se la banca non riesce ad offrire questa prova, risponde delle operazioni.
Il titolare della carta risponde solo nei casi, abbastanza estremi, in cui le operazioni contestate siano il frutto di una sua condotta particolarmente incauta o addirittura del suo dolo.
Avv. Mauro Sbaraglia
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