Come abbiamo già visto in passato, l’art. 1102 c.c. consente ad ogni singolo condomino di utilizzare liberamente le parti comuni, con due limiti: 1) non alterare la destinazione dei beni; 2) non impedire agli altri condomini di usarli anch’essi (“Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”).
Questo diritto di usare la cosa comune è così ampio, che addirittura un condomino può apportare delle modifiche ai beni comuni (“A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa”).
Questa norma deve però essere applicata tenendo conto anche di quanto previsto dall’art. 1120 c.c., che, tra le altre cose, tutela il cd. decoro architettonico.
L’ultimo comma dell’art. 1120 prevede, infatti, che “Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino”.
La lesione del decoro architettonico consiste non solo nell’alterazione delle linee architettoniche dell’edifico, ma, più in generale, nel pregiudizio arrecato all’aspetto dell’edificio medesimo.
Tempo fa, il proprietario di un pub del centro di Roma era stato convenuto in giudizio da un condomino dell’edificio del quale faceva parte il locale; il condomino lamentava l’illegittima realizzazione di alcune opere, consistenti “nell’apertura di una porta su via […], nella apposizione di una tenda, di due voluminose insegne luminose, di vetrine e di fari, che recavano pregiudizio al decoro architettonico dell’edificio”.
In sostanza, la porta, le tende, le insegne ed i fari realizzati dal proprietario del pub avrebbero, secondo il condomino, pregiudicato il decoro architettonico del palazzo e dovevano quindi essere rimossi.
Alla fine del terzo grado di giudizio la domanda è stata accolta solo parzialmente.
Ma quel che più interessa in questa sede è l’affermazione da parte della Corte di Cassazione del seguente principio: “Costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente sull’aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio” (ordinanza n.18928/20).
Sono dunque due gli aspetti da sottolineare e tenere bene a mente:
- lede il decoro architettonico l’opera che altera le linee architettoniche del palazzo, “ma anche quella che comunque si rifletta negativamente sull’aspetto armonico di esso”;
- la tutela del decoro architettonico non riguarda solo gli edifici di maggior pregio, quelli situati nei centri storici delle nostre città, ma riguarda tutti gli edifici, perché l’effetto negativo sull’aspetto di un palazzo è rilevante “a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio”.
Pertanto, chi vuole realizzare delle opere che modificano le parti comuni di un condominio o anche i beni di sua proprietà esclusiva (es. un balcone), deve sempre considerare se quelle opere possano avere un impatto negativo sul decoro architettonico dell’intero edificio, perché, in quest’ultimo caso, rischia di essere condannato alla loro rimozione.
Avv. Mauro Sbaraglia
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