Quando un soggetto subisce un danno fisico o biologico, non è raro che subisca anche un danno morale, consistente, in buona sostanza, nella sofferenza patita e nel mutamento delle sue abitudini di vita.
Tuttavia, chi vuole vedersi risarcito anche il danno morale patito deve dimostrarne la concreta sussistenza.
Nell’ordinanza n.1405/21 della Corte di Cassazione si è discusso il caso di un lavoratore, che aveva lamentato dei danni per la prolungata esposizione all’amianto.
Il danno biologico gli era stato riconosciuto e liquidato, sia dal Tribunale, che dalla Corte d’Appello; il danno morale gli era stato invece negato, perché il lavoratore, ad avviso dei Giudici, non ne avrebbe provato l’effettiva sussistenza.
La Corte di Cassazione ha confermato le sentenze dei precedenti gradi, negando definitivamente il risarcimento del danno morale.
La Cassazione ha rilevato che, se è vero che il danno morale può essere provato anche tramite presunzioni, è altresì vero che “il danneggiato dovrà tuttavia allegare tutti gli elementi che, nella concreta fattispecie, siano idonei a fornire la serie concatenata di fatti noti che consentano di risalire al fatto ignoto”.
Non basta dunque dimostrare l’esistenza del danno biologico, per poter automaticamente ottenere anche il risarcimento del danno morale; il danneggiato deve provare l’effettiva esistenza di quest’ultima voce di danno o quanto meno deve dimostrare l’esistenza di elementi concreti, dai quali si possa poi desumere, in via presuntiva, la sussistenza del danno morale.
Nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione “non erano stati allegati elementi obiettivi, dotati di un sufficiente grado di specificità, sulla base dei quali risalire alla sofferenza ed al cambiamento delle abitudini di vita derivati dalla consapevolezza della esposizione lavorativa ad agenti nocivi”.
Il ricorso è stato dunque respinto e, come detto, il risarcimento del danno morale è stato negato.
Avv. Mauro Sbaraglia
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