Con l’ordinanza n.4652/21, la Corte di Cassazione si è occupata di un caso, nel quale si discuteva della responsabilità di un radiologo.
Una donna aveva contestato la condotta di un radiologo, che, dopo aver eseguito una mammografia, non l’aveva messa in guardia sul suo stato di salute e, soprattutto, non le aveva consigliato accertamenti più approfonditi; sempre secondo la donna, se il radiologo fosse stato più diligente, avrebbe potuto evitare un aggravamento della sua patologia, la necessità di un intervento chirurgico e lo stress ed i disagi correlati all’aggravamento delle sue condizioni.
Il radiologo e la sua ASL di appartenenza si sono difesi affermando, tra l’altro, che non compete al radiologo fare la diagnosi e suggerire una cura: “la funzione del radiologo nell’accertamento mammografico è quella di trascrivere quanto rilevato nella rappresentazione radiografica. Allo stesso, che nel caso di specie ha agito in attività ambulatoria, non compete e non è consentito dare responso diagnostico e curativo, stante che tale compito è demandato al clinico”.
Secondo la Corte di Cassazione, non è affatto così.
Infatti, soprattutto quando l’esito dell’analisi non sia del tutto chiaro, “di non facile né univoca interpretazione, il medico ben avrebbe potuto suggerire alla paziente approfondimenti diagnostici, sulla scorta delle linee guida vigenti”.
Del resto, la diligenza al quale è tenuto l’operatore sanitario, anche il radiologo, è una diligenza non generica, ma qualificata, “talché è lecito attendersi dall’operatore sanitario, chiamato all’effettuazione di un esame diagnostico, non una mera lettura, di carattere liturgico o notarile, degli esiti dell’esame, ma anche l’impulso proattivo, ove tali esiti lo suggeriscano, all’approfondimento della situazione (o alla diretta esecuzione degli stessi, ove egli sia competente a tanto), anche mediante il ricorso ad esami più approfonditi, senza che tale opzione sia lasciata alla diligenza del paziente, non in grado, solitamente, di comprendere tutte le implicazioni della indagine clinica effettuata”.
In altre parole, il radiologo non deve limitarsi a trascrivere gli esiti dell’esame svolto, ma deve egli stesso compiere i necessari approfondimenti, se sono di sua competenza, ovvero suggerire al paziente di rivolgersi ad altro più specifico operatore sanitario.
La Cassazione ha dunque ritrasmesso il fascicolo alla Corte d’Appello, affinché si pronunci nuovamente applicando tali principi.
Avv. Mauro Sbaraglia
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