Abbiamo visto in passato che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno modificato lo storico orientamento della giurisprudenza in materia di assegno di mantenimento per il coniuge divorziato; è infatti venuto meno il riferimento al tenore di vita goduto durante il matrimonio ed oggi, quindi, l’assegno divorzile non è più finalizzato a consentire al coniuge che lo percepisce di mantenere lo stesso tenore di vita che aveva durante il matrimonio.
Lo stesso principio si applica anche all’assegno di mantenimento riconosciuto in sede di separazione?
La risposta è no: la disciplina del mantenimento in sede di separazione è diversa.
Del resto, la separazione non fa venir meno il vincolo matrimoniale; detto in parole povere, anche dopo la separazione i coniugi restano tali, marito e moglie, ancorché separati e ciò comporta che resta fermo il loro reciproco obbligo di assistenza materiale.
Nell’ordinanza n.12329/21 della Corte di Cassazione si legge: “la separazione personale, a differenza della cessazione o scioglimento degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo matrimoniale, sicché i redditi adeguati cui va rapportato, ai sensi dell’art. 156 c.c., l’assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell’addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale, di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell’assegno di divorzio”.
Nella separazione, dunque, la finalità che deve essere perseguita nel quantificare l’assegno di mantenimento è quella di consentire al coniuge che lo percepisce di “mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio”.
Ciò non significa però che il soggetto che chiede l’assegno possa limitarsi a richiederlo, senza dimostrare nulla; infatti, grava su di lui l’onere di provare l’esistenza dei requisiti necessari per ottenerlo, “compresa la mancanza di colpa del coniuge istante nel non riuscire a reperire un’occupazione confacente”.
Sarà invece facoltà del coniuge che dovrebbe versare l’assegno dimostrare l’esistenza di elementi di segno contrario, come ad esempio “l’esistenza di proposte di lavoro immotivatamente non accettate” dal coniuge che chiede l’assegno.
L’assegno di mantenimento viene dunque disciplinato diversamente in sede di separazione e di divorzio e può quindi succedere che l’assegno riconosciuto al momento della separazione non venga poi confermato al momento del divorzio.
Avv. Mauro Sbaraglia
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