Il 5 novembre scorso le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno emesso una sentenza, la n.32198/21, che modifica sensibilmente l’orientamento in materia di assegno divorzile e nuova convivenza.
Infatti, come avevo segnalato anch’io in passato, la giurisprudenza della Corte di Cassazione e dei vari Tribunali italiani prevedeva sino a qualche giorno fa la perdita dell’assegno di mantenimento divorzile per chi avesse costituito un nuovo nucleo familiare.
In realtà, l’art. 5 della legge sul divorzio prevede che “l’obbligo di corresponsione dell’assegno cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze” e dunque circoscrive la perdita dell’assegno al solo caso di secondo matrimonio; questa norma, però, è stata estesa dalla giurisprudenza anche alle convivenze di fatto stabili.
Per cui, se il soggetto che percepiva l’assegno divorzile si risposava o avviava una convivenza more uxorio stabile, perdeva automaticamente il mantenimento.
D’ora in poi non sarà più così.
Secondo le Sezioni Unite, la perdita del mantenimento non può essere automatica, perché occorre valutare se il soggetto che percepiva l’assegno abbia sacrificato durante il matrimonio le proprie possibilità di guadagno o le proprie ambizioni lavorative a vantaggio della famiglia.
Cerchiamo di capire cosa ha detto la Cassazione.
Sono sostanzialmente tre le argomentazioni alla base della sentenza:
- innanzi tutto, come già detto, c’è il dato letterale dell’art. 5 della legge n.898/70; la legge prevede la perdita del mantenimento solo in caso di nuovo matrimonio e, secondo la Cassazione, matrimonio e convivenza more uxorio non si possono equiparare;
- l’assegno divorzile non ha solamente una funzione assistenziale, ma anche compensativa-perequativa; ciò vuol dire che esso serve anche a compensare le rinunce a possibilità di lavoro, carriera od altro che un soggetto, generalmente la donna, compie durante il matrimonio (se un coniuge ha rinunciato a possibilità di carriera e ciò ha favorito l’altro coniuge, che invece si è potuto dedicare a tempo pieno al suo lavoro e guadagnare così somme ingenti, è giusto che quelle rinunce siano compensate con un assegno di mantenimento);
- avviare una nuova convivenza fa certamente perdere la componente assistenziale dell’assegno di mantenimento (l’assistenza sarà garantita dal nuovo nucleo familiare), ma non può far perdere la componente compensativa-perequativa, altrimenti le rinunce fatte durante il matrimonio non verrebbero più compensate.
Pertanto, sempre secondo le Sezioni Unite, “in caso di nuova convivenza il coniuge beneficiario non perde automaticamente il diritto all’assegno, ma esso potrà essere rimodulato […] in funzione della sola componente compensativa, purché al presupposto indefettibile della mancanza di mezzi adeguati […] si sommi, nel caso concreto, il comprovato emergere di un contributo, dato dal coniuge debole con le sue scelte personali e condivise in favore della famiglia, alle fortune familiari e al patrimonio dell’altro coniuge, che rimarrebbe ingiustamente sacrificato e non altrimenti compensato se si aderisse alla caducazione integrale”.
In sintesi, dunque, chi percepisce un assegno divorzile e avvii una nuova convivenza di fatto potrà conservare una parte dell’assegno, quella relativa alla componente compensativa, laddove dimostri:
- di non disporre di mezzi adeguati;
- che ciò sia conseguenza delle rinunce fatte durante il matrimonio.
Avv. Mauro Sbaraglia
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