Deprivazione genitoriale: è la condizione di quei figli che vengono trascurati o addirittura abbandonati da uno o da entrambi i genitori.
In questi casi, oltre ad un problema di natura strettamente economica, il figlio rischia di subire un pregiudizio non meno grave, attinente alla formazione della sua personalità, soprattutto quando il disinteresse del genitore si manifesti sin dalla nascita.
Secondo la giurisprudenza, i figli che si trovano in queste condizioni possono chiedere un risarcimento dei danni.
Ma qual è il termine entro il quale un figlio può, anzi deve, agire?
Al compimento dei 18 anni o anche dopo?
Con l’ordinanza n.40335/21, la Corte di Cassazione ha confermato il risarcimento di circa € 60.000 a carico di un padre, che per circa 25 anni aveva manifestato un grave disinteresse nei confronti della figlia.
Dopo le condanne in primo e secondo grado, il genitore aveva sostenuto che la domanda fosse stata proposta tardivamente dalla figlia, ben dopo il compimento dei 18 anni, e che quindi il diritto della figlia fosse ormai prescritto.
La Cassazione ha però rigettato la tesi del padre, precisando che non rileva tanto l’età del figlio, quanto il raggiungimento di quella maturità che gli consente di comprendere il danno subito.
In buona sostanza, secondo la Corte, occorre che il figlio raggiunga “una maturità personale compatibile con il coinvolgimento personale ed emotivo ad esso connesso, per maturità personale compatibile dovendosi intendere – è ovvio – pienamente autonoma e quindi capace di percepire la reale situazione a sé pregiudizievole e di assumere reattive decisioni di contrasto con la persona desiderata. Ovvero accettare psicologicamente la illiceità della condotta del genitore e chiedere il risarcimento dei danni subiti quale figlio rifiutato del genitore che l’ha posta in essere”.
Solamente quando il figlio sarà sufficientemente maturo per comprendere il danno patito, egli potrà esercitare il suo diritto ed agire contro il genitore che l’ha trascurato.
Avv. Mauro Sbaraglia
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