Ormai è qualche anno che la Corte di Cassazione ha cambiato il suo orientamento in merito all’assegno divorzile, affermando che nel quantificare il mantenimento non si deve fare più riferimento al tenore di vita goduto dai coniugi durante il matrimonio; eppure ci sono ancora delle sentenze, che non recepiscono questo nuovo orientamento.
Con l’ordinanza n.2811/22, pubblicata il 31 gennaio scorso, la Corte di Cassazione si è occupata del caso di un uomo (“il quale gestiva 150 immobili di cui è proprietario, cui si aggiungeva l’attività di avvocato, da ultimo cessata…”), il quale aveva impugnato la sentenza, con cui il Giudice di appello aveva confermato il mantenimento di € 2.500 in favore dell’ex moglie, medico ospedaliero.
Secondo la Cassazione, la sentenza di appello deve essere riformata, perché “l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata è, piuttosto, ravvisabile implicitamente nel criterio della conservazione del tenore di vita matrimoniale in favore del coniuge richiedente…”.
In altri termini, la Corte d’Appello ha riconosciuto all’ex moglie un mantenimento, di un ammontare tale da consentirle di raggiungere un tenore di vita analogo a quello che aveva durante il matrimonio.
Ed invece, nel decidere sull’assegno divorzile, il Giudice non deve fare riferimento al precedente tenore di vita, ma deve valutare se il coniuge economicamente più debole abbia o meno adeguati mezzi di sostentamento e se l’eventuale disparità economica con l’altro sia dovuta al fatto che “ha sacrificato le proprie attendibili aspettative professionali e reddituali per dedicarsi completamente alla famiglia, in tal modo contribuendo decisivamente alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno”.
Pertanto, nonostante il notevole divario economico esistente tra i due coniugi, la Corte di Cassazione ha rinviato il fascicolo alla Corte d’Appello, affinché si pronunci nuovamente, applicando questa volta i principi sopra esposti.
Avv. Mauro Sbaraglia
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