Chiunque abbia dovuto affrontare una causa civile, sa bene che in Italia i tempi necessari per avere una sentenza sono mediamente molto lunghi. Se poi dopo il primo grado si va anche in appello o in Cassazione, i tempi si allungano ulteriormente.
Spesso si sente dire che questo accade per colpa degli avvocati, che hanno interesse a perdere tempo e a far durare di più le cause, anche per poter fare una parcella più alta.
È davvero così?
Voglio offrire un paio di elementi, per consentire, anche a chi non frequenta i tribunali, di capire perché la risposta è no.
La prima considerazione è che non è l’avvocato che stabilisce i tempi del processo.
Se un’udienza viene rinviata di un mese, di sei mesi o di un anno non lo decidono gli avvocati, ma il Giudice.
I Giudici avranno i loro motivi (anche se a volte…), sarà colpa dell’eccessivo carico di cause, della carenza di mezzi e di personale, ecc., ma, sta di fatto che gli avvocati non hanno voce in capitolo nei rinvii di udienza, né tanto meno nei tempi di pubblicazione di una sentenza.
Qualcuno obietterà: sì, è vero, ma un avvocato può perdere tempo, chiedendo di sentire tanti testimoni oppure chiedendo una c.t.u. inutile.
Non è così, perché, l’avvocato può certamente chiedere, ma anche in questo caso è poi il Giudice che decide se sentire o meno i testimoni, quanti sentirne, se espletare una c.t.u., ecc.
Quindi, se vengono sentiti tutti i testimoni indicati dall’avvocato o se viene espletata una c.t.u., è perché il Giudice ha ritenuto che quelle richieste fossero fondate.
La seconda considerazione riguarda le parcelle.
Un tempo era vero che un processo più lungo garantiva all’avvocato una parcella più alta; questo perché con le vecchie tariffe veniva pagata la singola udienza, la singola memoria, quindi, più udienze si tenevano, più alta era la parcella.
Da almeno dieci anni, però, non è più così.
Oggi i compensi degli avvocati vengono quantificati sulla base delle fase processuali effettivamente svolte (fase di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale), indipendentemente da quante udienze si tengono e da quante memorie si redigono. Per cui, ad esempio, se la fase istruttoria si esaurisce in un’udienza (perché si deve sentire solo un testimone) o in più udienze (perché bisogna interrogare le parti, sentire i testimoni e fare una c.t.u.), il compenso dell’avvocato sarà sempre lo stesso.
Capite bene, che l’avvocato non ha alcun interesse a perdere tempo, anzi…
Insomma, in conclusione, se i processi durano tanto non è colpa degli avvocati. Lungi dall’essere responsabili dei ritardi dei tribunali, gli avvocati sono anch’essi vittime dei tempi lunghi della giustizia.
Avv. Mauro Sbaraglia
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