Nei giorni scorsi, molti organi di informazione hanno parlato di una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n.1482/23, che revocato ad una donna l’assegno di mantenimento, a causa delle “spese voluttuarie”, che quest’ultima aveva sostenuto.
Cerchiamo di capire meglio cos’è successo.
Tutto nasce da una sentenza del Tribunale di Velletri, che aveva posto a carico di un uomo un assegno di mantenimento in favore della moglie ed uno in favore del figlio (maggiorenne, ma non autosufficiente).
L’uomo impugnò la sentenza e la Corte d’Appello di Roma gli diede ragione, revocando entrambi gli assegni.
La Corte di Cassazione ha, da ultimo, confermato la decisione di secondo grado.
Nel corso del giudizio era stato infatti dimostrato che la donna, non solo era perfettamente in grado di lavorare, ma disponeva anche di redditi, tanto è vero che, dall’esame dei suoi conti, erano emerse le famose “spese voluttuarie”.
In particolare, la Corte d’Appello aveva accertato che la donna “disponeva di redditi provati dalle risultanze dei conti correnti e dalle spese, anche voluttuarie, sostenute nonché dalla capacità lavorativa dimostrata dal fatto che ella aveva letteralmente trasformato il proprio fisico dedicandosi ad una intensa e costante attività di body building”.
In buona sostanza, dal momento che la donna disponeva di un reddito e non aveva alcun problema di salute, che le impedisse di lavorare, non v’era motivo che l’ex marito continuasse a versarle l’assegno di mantenimento; e ciò tanto più, perché non era stato dimostrato che la donna avesse sacrificato la propria carriera per il matrimonio.
Avv. Mauro Sbaraglia
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