Rumore dei vicini: quando è eccessivo?

La Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi del risarcimento dei danni per i rumori provenienti dai vicini; in questo caso specifico, l’ordinanza n.21479/24 si è occupata “delle immissioni acustiche provenienti da un impianto sportivo”.

La Corte ha ribadito che in questi casi il criterio da utilizzare è quello della normale tollerabilità di cui all’art. 844 c.c. (“Nei rapporti tra privati vige, invece, la disciplina dell’art.844 c.c., che, nel fissare i criteri a cui il giudice di merito deve attenersi, rimette al suo prudente apprezzamento il giudizio sulla tollerabilità delle stesse”).

Non esiste, dunque, un valore al di là del quale il rumore deve necessariamente ritenersi eccessivo; si tratta, invece, di valutare caso per caso, tenendo conto dello specifico contesto, della rumorosità di fondo, ecc.

Per cui, lo stesso rumore potrebbe ritenersi eccessivo in un’area di sperduta campagna ed invece perfettamente tollerabile in un quartiere iper trafficato di una grande città.

Al riguardo, la Corte ha infatti precisato che “nei rapporti tra privati, infatti, il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, sicchè la valutazione ex art.844 c.c. diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell’uomo medio e, dall’altro, alla situazione locale. Spetta, pertanto, al giudice di merito accertare in concreto il superamento della normale tollerabilità e individuare gli accorgimenti idonei a ricondurre le immissioni nell’ambito della stessa”.

Ma cosa succede se viene accertato un rumore non tollerabile?

La Cassazione ha affermato che ciò “può determinare una lesione del diritto al riposo notturno e alla vivibilità della propria abitazione, la cui prova può essere fornita dal danneggiato anche mediante presunzioni sulla base delle nozioni di comune esperienza”.

In conclusione, dunque, come succede quasi sempre, le valutazioni in merito all’effettiva sussistenza del danno ed all’eventuale quantificazione del risarcimento non si possono fare applicando una tabella matematica, ma considerando attentamente tutte le peculiarità di ogni caso e lasciando al giudice un certo margine di discrezionalità.

Avv. Mauro Sbaraglia

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