L’affidamento condiviso e la dieta vegana: se i genitori la pensano diversamente…

Dal momento che il numero delle persone che si stanno “convertendo” alla dieta vegana aumenta sempre di più, è interessante capire se i genitori possono imporre questa dieta anche ai figli minori, ma soprattutto, se un genitore può imporla ai figli anche di fronte al parere contrario dell’altro genitore.

Vediamo come si sono pronunciati due Tribunali italiani.

Alcuni mesi fa il Tribunale per i Minorenni di Cagliari aveva aperto un fascicolo dopo che l’ASL aveva segnalato il caso di un bambino, alimentato dai genitori “con dieta vegana esclusiva”, che presentava un “grave stato di malnutrizione e di ritardo psicomotorio”.

Dopo le cure dell’ospedale ed il ritorno nella norma di tutti i valori, il bambino è stato dimesso ed i genitori si sono rivolti ad uno specialista che ha elaborato un piano nutrizionale.

Il Tribunale, dopo aver accertato che il minore “pur seguendo un’alimentazione a base totalmente vegetale, gode di uno stato di salute ottimale”, ha chiuso il fascicolo rilevando “che non sussistono violazioni dei doveri inerenti la potestà genitoriale poiché la scelta della dieta vegana, che non rappresenta di per sé una scelta biasimevole, se correttamente seguita secondo le indicazioni degli specialisti, non costituisce alcun pregiudizio per la crescita di un minore” (decreto del 09.06.2017).

Il Tribunale sardo, dunque, preso atto che il regime alimentare predisposto dallo specialista garantisce al bambino ottime condizioni di salute e che la dieta vegana, se seguita correttamente, non pregiudica il bambino, non ha imposto alcun vincolo o limitazione ai genitori.

Parzialmente diversa era stata invece la scelta e la motivazione che il Tribunale Civile di Roma aveva espresso qualche mese prima (decreto del 19.10.2016).

In questo caso, un padre separato si era rivolto al Tribunale lamentando che la figlia veniva alimentata dalla madre con il regime vegano e che la signora aveva unilateralmente imposto alla mensa della scuola di servire alla bambina solo piatti vegani.

Il Tribunale, dopo aver ricordato che in caso di affidamento condiviso le decisioni di maggiore interesse per i figli devono essere assunte di comune accordo dai genitori e che “la decisione relativa al regime alimentare del figlio minore deve indubbiamente essere considerata di maggiore interesse, inerendo la salute del figlio”, ha disposto che a scuola la minore non debba essere alimentata secondo il regime vegano.

Questo il ragionamento seguito dal Tribunale.

Se non sussistono ragioni di carattere medico (allergie, intolleranze, patologie ecc.) che rendano necessarie delle restrizioni alimentari, si devono “applicare parametri di normalità statistica che impongono di far seguire alla figlia minore delle parti un regime alimentare privo di restrizioni”.

Poiché nelle scuole viene seguito un regime alimentare che non prevede restrizioni e poiché si presume “che le strutture a ciò deputate (ministero della salute e della pubblica istruzione) abbiano ritenuto che ciò garantisca la corretta crescita dei minori”, altrimenti “dovrebbe ritenersi che nelle mense scolastiche venga compromessa la salute di tutti i bambini che seguono un «normale» regime alimentare”, il Tribunale ha imposto all’istituto scolastico di servire alla bambina gli stessi piatti serviti agli altri alunni.

Le vicende di Roma e Cagliari sono in parte diverse, perché i genitori di Cagliari erano entrambi vegani, mentre nel caso di Roma lo era solo la madre e dunque il Tribunale capitolino è stato chiamato a decidere quale regime alimentare fosse preferibile.

Tuttavia, è interessante notare come i Giudici di Cagliari abbiano espressamente affermato che la dieta vegana “se correttamente seguita secondo le indicazioni degli specialisti, non costituisce alcun pregiudizio per la crescita di un minore”, mentre quelli di Roma, pur senza esprimere un giudizio negativo su tale regime alimentare, hanno però ritenuto preferibile un regime alimentare che non prevede restrizioni.

Dato il diffondersi del veganesimo, è certo che presto ci saranno altre pronunce; vedremo dunque se la giurisprudenza esprimerà un orientamento univoco.

Avv. Mauro Sbaraglia