Sono ancora troppi gli edifici, pubblici e privati, che presentano delle barriere architettoniche. Eppure, l’ormai risalente legge n.13/89 fu emanata proprio per incentivare le opere di rimozione di tali barriere.
A volte, però, il ritardo e la difficoltà nella realizzazione dei lavori sono causati dai contrasti che sorgono tra i diversi soggetti coinvolti; dal momento che i lavori necessari per favorire l’accesso ad un edificio interessano di solito le parti comuni di un condominio, talvolta sorgono contrasti tra i condomini di uno stesso stabile.
E’ quindi interessante vedere come la giurisprudenza risolva questi contrasti e quali principi applichi nelle sue sentenze. Una delle ultime pronunce è stata emessa dalla Corte di Cassazione lo scorso 12 aprile (sentenza Cassazione 9101_18).
Nella sentenza la Corte richiama tutti al rispetto del “principio di solidarietà sociale”, evidenziando come la normativa in materia di rimozione delle barriere architettoniche non garantisca soltanto gli interessi dei soggetti disabili, ma persegua “finalità di carattere pubblicistico, volte a favorire, nell’interesse generale, l’accessibilità agli edifici”.
Il caso esaminato dalla Cassazione riguardava l’installazione di un ascensore su un’area comune di un condominio, ascensore che era indispensabile per consentire ad una signora di accedere al suo appartamento posto al secondo piano.
La Corte, esprimendo alcuni principi che meritano molta attenzione, sostiene che:
- in primo luogo, deve trovare applicazione il principio di solidarietà condominiale, che impone un contemperamento dei vari interessi in gioco: quello di tutti i condomini al pari utilizzo delle parti comuni e quello, non meno importante, delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche;
- quest’ultimo viene definito “un diritto fondamentale”, che addirittura prescinde dall’effettiva utilizzazione da parte del disabile degli edifici interessati;
- pertanto, l’intervento di rimozione delle barriere è legittimo se “lo stesso sia idoneo, anche se non ad eliminare del tutto, quantomeno ad attenuare sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell’abitazione”.
Per di più, nel caso di specie era stato accertato che la realizzazione dell’ascensore non avrebbe compromesso né la stabilità, né il decoro dell’immobile; la Corte, dunque, ha dato il via libera alla realizzazione dell’ascensore.
In conclusione, dunque, quello che emerge e che mi sembra più interessante è che, nel rispetto del “principio di solidarietà sociale”, si debba favorire quanto più possibile la rimozione della barriere architettoniche, anche se ciò comporta una compressione dei diritti degli altri soggetti; pertanto, devono essere autorizzati i lavori che modificano le parti comuni di un condominio se ciò consenta l’eliminazione ovvero anche solo un’attenuazione del disagio patito dalla persona disabile.
Avv. Mauro Sbaraglia