Capita spesso di sentire politici che si difendono dalla stampa e dall’opinione pubblica sostenendo che la condotta che viene contestata loro non abbia rilevanza penale e che quindi sia ineccepibile.
Non è così.
Non è detto che una condotta che non abbia rilevanza penale sia sempre legittima. Ci sono infatti comportamenti che, pur non costituendo reato, sono in ogni caso gravi ed inappropriati, specialmente se posti in essere da soggetti dai quali si esige un particolare rigore.
Ma questo principio vale per tutti, non solo per i politici.
Con una sentenza pubblicata a giugno (sentenza Cassazione 15742_18), la Corte di Cassazione ha chiarito, ad esempio, che le condotte che ledono l’onore e la reputazione di un altro soggetto possono giustificare una richiesta di risarcimento danni, anche se non sia configurabile il reato di diffamazione.
Il caso riguardava due avvocati che ritenevano di aver diritto ad un risarcimento da parte di un loro cliente, reo di aver fatto “affermazioni offensive e lesive dell’onore e della reputazione dei predetti legali”.
Richiamando un paio di pronunce di qualche anno fa, la Corte ha accolto la domanda dei due avvocati, precisando quanto segue: “poiché l’onore e la reputazione costituiscono diritti della persona costituzionalmente garantiti, la loro lesione legittima sempre la persona offesa a domandare il ristoro del danno non patrimoniale, quand’anche il fatto illecito non integri gli estremi di alcun reato”.
In altre parole, anche se un’affermazione non integra un reato, il soggetto che l’ha pronunciata può essere comunque chiamato a risponderne ed essere condannato a risarcire il danno qualora venga accertato che siano stati lesi l’onore e la reputazione del “destinatario”.
Attenzione, dunque, a quello che diciamo e che scriviamo…anche sui social network.