Quando una causa si conclude e viene emessa la sentenza, oltre a decidere “chi ha vinto e chi ha perso”, il Giudice si pronuncia anche sulle spese di lite.
In altre parole, salvo casi particolari, pone a carico della parte soccombente le spese che la parte vincitrice ha dovuto sostenere per le cd. spese vive (contributo unificato, marche da bollo ecc.) e per l’onorario dell’avvocato.
Tuttavia, un errore che molti compiono è quello di pensare che questa liquidazione del Giudice sia vincolante anche nei rapporti tra l’avvocato ed il suo cliente.
Non è così.
Infatti, l’avvocato può chiedere al suo cliente una somma maggiore di quella liquidata dal Giudice (purché si attenga, ovviamente, ai parametri del D.M. n.55/14, che stabilisce per l’appunto gli importi applicabili).
Su questo profilo si è espressa pochi giorni fa la Corte di Cassazione (ordinanza Cassazione 25992_18), affermando dei principi che sono noti a tutti gli avvocati, ma che lo so meno ai clienti.
Vediamo in sintesi cosa ha detto la Cassazione:
- innanzi tutto, come si è già detto, la Corte ha precisato che “la misura degli oneri dovuti dal cliente al proprio avvocato prescinde dalle statuizioni del giudice contenute nella sentenza che condanna la controparte alle spese ed agli onorari di causa e deve essere determinata in base a criteri diversi da quelli che regolano la liquidazione delle spese tra le parti”;
- del resto, sono diversi i criteri indicati dalla legge per stabilire le spese di soccombenza da liquidarsi con la sentenza e gli onorari dovuti dal cliente al suo avvocato (in quest’ultimo caso, ad esempio, si deve tener del risultato del giudizio, dei vantaggi conseguiti dal cliente ecc.);
- se la ritiene eccessiva, il cliente può naturalmente contestare la parcella del suo avvocato con uno specifico ricorso, ma il Giudice che dovrà esaminare questo ricorso non è vincolato e non deve attenersi “alla pronuncia sulle spese da parte del giudice che ha definito la causa”;
- del resto, la sentenza che ha liquidato le spese di soccombenza non è vincolante per l’avvocato per la semplice ragione che quest’ultimo non è parte del giudizio.
Dunque, in conclusione, per valutare se la parcella del proprio avvocato sia congrua o meno, il cliente non deve fare riferimento a quanto liquidato dal Tribunale all’esito della causa, ma deve verificare se la parcella sia o meno conforme ai parametri indicati dal decreto ministeriale.
Avv. Mauro Sbaraglia