Il termine previsto dalla legge per comunicare il recesso da un contratto di locazione commerciale è di sei mesi.
Il comma 6 dell’art. 27 della legge n.392/78 dispone infatti: “È in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, mediante lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione”.
Questo termine può essere derogato dalle parti?
Vale a dire, quando stipulano un contratto le parti possono prevedere un termine diverso?
Secondo la Corte di Cassazione, la risposta è positiva.
Con l’ordinanza n.23424/19 del 19 settembre scorso, la Corte ha in primo luogo ricordato che “il recesso deve essere comunicato dal conduttore al locatore a mezzo raccomandata o con altre modalità equipollenti, con modalità, cioè, che possano garantire idoneamente la certezza dell’avvenuta comunicazione”; in effetti, è sempre consigliabile inviare una raccomandata a.r. o una p.e.c. per poter provare, in caso di contestazione, la data del recesso.
In secondo luogo, venendo allo specifico oggetto della controversia, la Cassazione ha poi precisato che “ben possono le parti, nella loro autonomia negoziale, fissare un termine di tre mesi, inferiore a quello semestrale previsto dall’art. 27 della legge n. 392 del 1978, per l’esercizio del diritto di recesso del conduttore e che il conduttore è tenuto a versare i canoni sino al compimento del periodo del preavviso stesso, così come fissato convenzionalmente”.
Dunque, il termine semestrale previsto dall’art. 27 non è un termine inderogabile; al contrario, le parti possono decidere di fissarne uno diverso (nella vicenda esaminata dalla Corte i contraenti avevano concordato un termine di tre mesi) e quel diverso termine è vincolante per locatore e conduttore.
Avv. Mauro Sbaraglia