Il rispetto del decoro architettonico è uno degli elementi da tenere bene a mente quando in un condominio si eseguono le cd. innovazioni.
L’art. 1120 c.c. prevede infatti la possibilità per i condomini di “disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni”.
Si tratta, tra le altre cose, delle opere destinate a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici, eliminare le barriere architettoniche, contenere i consumi energetici, produrre energia da fonti rinnovabili, ecc.
La norma prevede però che “sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino”.
Ma cosa si intende per decoro architettonico?
Un’ordinanza della Corte di Cassazione del 5 novembre scorso (n.28465/19) ci aiuta a capirlo.
La Corte afferma che “la tutela del decoro architettonico […] è apprestata in considerazione della apprezzabile alterazione delle linee e delle strutture fondamentali dell’edificio, od anche di sue singole parti o elementi dotati di sostanziale autonomia, e della consequenziale diminuzione del valore dell’intero edificio e, quindi, anche di ciascuna delle unità immobiliari che lo compongono”.
Si tratta dunque di valutare di volta in volta le caratteristiche dell’edificio, “accertando anche se esso avesse originariamente ed in qual misura un’unitarietà di linee e di stile”; inoltre, occorre accertare se “l’alterazione sia appariscente e di non trascurabile entità e tale da provocare un pregiudizio estetico dell’insieme suscettibile di un’apprezzabile valutazione economica”.
Se le innovazioni realizzate deturpano il decoro architettonico, se ne potrà ovviamente chiedere la rimozione.
Peraltro, nell’ordinanza della Cassazione si precisa che il regolamento di condominio può dettare delle regole ancor più stringenti, riducendo ulteriormente le innovazioni eseguibili (“l’orientamento consolidato di questa Corte riconosce all’autonomia privata la facoltà di stipulare convenzioni che pongano limitazioni nell’interesse comune ai diritti dei condomini, anche relativamente al contenuto del diritto dominicale sulle parti comuni o di loro esclusiva proprietà. Inoltre, il regolamento può validamente dare del limite del decoro architettonico una definizione più rigorosa di quella accolta dall’art. 1120 c.c. e supposta dal medesimo art. 1102 c.c., arrivando al punto di imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all’estetica ed all’aspetto generale dell’edificio”).
Ne consegue che le opere che superano i limiti imposti dal regolamento di condominio devono considerarsi abusive e legittimano l’iniziativa, anche solo di un singolo condomino, di chiederne la rimozione (“le modificazioni apportate da uno dei condomini, nella specie alle parti comuni, in violazione del divieto previsto dal regolamento di condominio, connotano tali opere come abusive e pregiudizievoli al decoro architettonico dell’edificio e configurano l’interesse processuale del singolo condomino che agisca in giudizio a tutela della cosa comune”).
In conclusione, quando un condominio o anche un singolo condomino decidono di effettuare un’opera, devono sempre chiedersi se possa avere degli effetti pregiudizievoli sul decoro architettonico dell’edificio e, a tal fine, non devono dimenticare di esaminare il regolamento condominiale, per vedere se esso detti delle regole specifiche al riguardo.
Avv. Mauro Sbaraglia