Che il fumo faccia male ormai lo sanno anche i bambini; le campagne informative che sono state fatte negli ultimi anni hanno sensibilizzato molto l’opinione pubblica ed hanno creato una notevole consapevolezza dei danni provocati dal fumo di sigaretta.
Ciò nonostante, sono ancora tante le persone che non riescono o non vogliono smettere di fumare. Molti di loro prima o poi dovranno fare i conti con problemi di salute, in alcuni casi molto gravi.
Visto però che lo Stato, seppur con alcuni limiti, consente la vendita delle sigarette, ci si è chiesti se una persona che ha problemi di salute riconducibili al fumo possa chiedere un risarcimento allo Stato e alla società che produce le sigarette.
Il 21 gennaio scorso, con la sentenza n.1165/20, la Corte di Cassazione ha respinto la richiesta di risarcimento proposta dagli eredi di un uomo morto per una “neoplasia epidermide al polmone, conseguenza immediata e diretta del consumo quotidiano di sigarette”.
La motivazione del rigetto si fonda sulle considerazioni che ho fatto all’inizio di questo articolo: dal momento che ormai tutti sappiamo che il fumo fa (molto) male, chi decide di fumare accetta il rischio e non può poi lamentarsi delle conseguenze di questa sua condotta.
Secondo la Corte, il comportamento dell’uomo morto a causa del tumore è stato tale da potersi ritenere “idoneo ad escludere il nesso di causalità tra la condotta dei convenuti [lo Stato e la società produttrice delle sigarette] e l’evento dannoso dal primo (e dai suoi stretti congiunti) lamentato, ovvero l’insorgenza del carcinoma polmonare”.
Richiamando una sua precedente sentenza, la Corte ha definito la scelta dell’uomo di continuare a fumare nonostante la sua consapevolezza del rischio che correva “un atto di volizione libero, consapevole ed autonomo di soggetto dotato di capacità di agire“.
Tradotto: se scegli liberamente di tenere una certa condotta, non puoi poi lamentarti dei danni provocati da questa tua libera scelta.
Tralasciando il caso specifico, del quale sappiamo poco e sul quel dunque non è opportuno esprimere giudizi, a mio avviso il principio espresso dalla Cassazione è in linea di massima condivisibile.
Non c’è dubbio che tutte le persone che fumano, anche quelle più giovani, ormai sanno cosa rischiano.
L’unico aspetto che la Corte non ha affrontato e che invece sarebbe importante approfondire è quello collegato alla dipendenza che le sigarette creano nei fumatori: la scelta di fumare è davvero una scelta libera al 100% o le sostanze presenti nelle sigarette fanno venir meno, almeno in parte, la libertà di scelta del fumatore?
Avv. Mauro Sbaraglia