Quando due coniugi o due conviventi more uxorio si separano, capita spesso che la conflittualità tra loro si acuisca.
Quali conseguenze ha questa conflittualità sull’affidamento dei figli? Il Giudice deve disporre l’affidamento condiviso anche in caso di forti contrasti tra i genitori o deve affidare i minori ad un solo dei due?
La risposta è contenuta nella recente ordinanza n.5604/20 della Corte di Cassazione, nella quale si legge: “La mera conflittualità riscontrata tra i genitori non coniugati, che vivono separati, non preclude – in via di principio – il ricorso al regime preferenziale dell’affidamento condiviso dei figli ove si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre può assumere connotati ostativi alla relativa applicazione, ove si traduca in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse”.
Cosa vuol dire?
Vuol dire che il Giudice, che deve sempre operare per salvaguardare i minori, deve valutare cosa risponda meglio al loro interesse:
- se la conflittualità tra i genitori si mantiene in limiti tollerabili e non pregiudica la serenità dei figli, l’affidamento condiviso resta la soluzione preferibile;
- se invece i contrasti sono così forti, da pregiudicare la crescita e lo sviluppo psico-fisico dei figli, allora il Giudice può decidere in altro modo.
In quale altro modo?
Se la conflittualità è “colpa” solo di uno dei due genitori, può disporre l’affidamento esclusivo all’altro genitore; nei casi più gravi, invece, in cui nessuno dei genitori si dimostri all’altezza della situazione, il Giudice può coinvolgere i Servizi Sociali.
Ad esempio, tornando al caso dell’ordinanza n.5604/20, la Cassazione, preso atto di “un quadro assolutamente desolante, essendosi rivelati entrambi [i genitori] – per la loro palese immaturità – incapaci di elaborare il lutto del fallimento del progetto di coppia per rapportarsi responsabilmente alla genitorialità, nonché di avere un minimo dialogo nell’interesse superiore del minore, ossia di concordare alcunché senza il ricorso ad avvocati ed autorità giudiziaria”, ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Roma, che aveva affidato il figlio della coppia al Comune di Roma, con nomina del Sindaco quale tutore provvisorio.
In questo caso, dunque, la Corte ha ritenuto che non ci fossero i presupposti né per l’affidamento condiviso, né per quello esclusivo e ha dunque optato per una soluzione più estrema.
Del resto, secondo la Cassazione, il tentativo di entrambi i genitori “di delegittimare la figura dell’altro, il rifiuto persistente di sottoporsi ad un percorso di mediazione, la sofferenza ingenerata nel minore” sono elementi sufficientemente gravi da giustificare una decisione così drastica.
Concludo segnalando che i principi espressi in questa ordinanza della Cassazione sono ormai consolidati e vengono applicati da tutti i Tribunali; è bene che ne tengano conto tutti coloro che sono coinvolti in una separazione, un divorzio o nella fine di una convivenza more uxorio.
Avv. Mauro Sbaraglia